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31 dicembre 2015 4 31 /12 /dicembre /2015 06:00

Le "reminiscenze classiche" di Christophe

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A sinistra: Töpffer, M. Pencil, 1840, tavola 45; Fonte: Gallica.bnf.fr. A destra: Christophe, La Famille Fenouillard, "Agénor a des réminiscences classiques", Armand Colin, 1893.


Se c'è un'influenza che Christophe non ha mai nascosto, è proprio quella di Rodolphe Töpffer. L'autore di La famille Fenouillard [La famiglia Fenouillard] avrebbe ammesso: "Töpffer, il mio maestro e il mio modello, quell'educatore di prim'ordine che non aveva creduto di dover umiliarsi utilizzando la gradevole matita che egli aveva inserito in fondo alla sua penna, per pubblicare Mr Vieux BoisMr PencilMr Cryptogame, [Il signor Boscovecchio; Il signor Pencil; Il signor Criptogramma] e quella spirituale e corrosiva satira dei pedagoghi di sistema che si chima La Famille Crépin [sic] [1]".

Come pone in rilievo Thierry Groensteen, "la biografia di Georges Colomb, detto Christophe, presenta più di un punto di somiglianza con quella di Töpffer": i due uomini avrebbero voluto essere pittori ma dedicarono la gran parte della loro vita professionale all'insegnamento. Entrambi si sono tuttavia dedicati a conciliare queste due attività, artistica e pedagogica, realizzando delle storie ad immagini, oggi riconosciute cime dei veri capolavori e un punto d'arrivo essenziale del fumetto [2].

 

Sottile ingenuità


L'estetica di Christophe, del suo stile grafico sino alla sua impaginazione delle storie ad immagini, segnano tuttavia una rottura con quella di Töpffer [3]. Tuttavia, ampiamente ispirata dalla letteratura a stampe töpfferiana di cui "i disegni, senza il testo, non avrebbero che un'oscuro significato; il testo, senza i disegni, non significherebbero nulla" [4], Christophe ha spinto le possibilità del contrappunto umoristico tra le didascalie e le vignette a vertici di stramberia e di spirito che non hanno perso, anche oggi, il loro vigore. E i due disegnatori condividono uno stesso umorismo, come fa notare François Caradec, secondo cui, l'autore del Sapeur Camember [Geniere Camember] "ritrova il tono, la ridondanza e la sottile ingenuità" di Töpffer [5].

I contemporanei di Christophe non si ingannarono anch'essi. Così Adolphe Brisson scrisse al momento dell'uscita in albo di La Famille Fenouillard: "Ho ritrovato sfogliandolo la gioia che avevo provato un tempo a divorare Monsieur Jabot, Monsieur Crépin e gli altri capolavori di Töpffer… "[6]. Anche se il giornalista, autore di molti ritratti di disegnatori umoristici del suo tempo [7], tempera la sua affermazione poco dopo: "A dire il vero, l'autore di La Famille Fenouillard, il signor Christophe, non ha la fine ironia dello scrittore ginevrino. Coltiva volentieri i giochi di parole. (…) Ma se il signor Christophe ha la penna un po' più facile, ha la matita deliziosa. I trecento o quattrocento schizzi a colori che illustrano la sua Famille Fenouillard sono delle meraviglie di grazia".

 
Viaggi e matrimoni


Negli albi di Töpffer come in quelli di Christophe, i personaggi si spostano molto e possono avventurarsi lontano dal loro domicilio. Caradec ancora: al "Viaggio d'istruzione" del Docteur Festus corrisponde il giro del mondo dei Fenouillard; lo scienziato Cosinus non ignora nemmeno lui che ogni cultura ben fondata deve terminare con un viaggio" [8]. Groensteen evidenzia che i vani tentativi di Cosinus, che non riuscirà mai a uscire da Parigi, somigliano a quelli del signor Trictrac, eroe di una storia incompiuta di Töpffer, che desiderava partire alla ricerca delle sorgenti del Nilo, ma non lasciava mai Ginevra [9].

I racconti di Töpffer e di Christophe sono composti da una successione da letteratura d'appendice di episodi tanto numerosi quanto vari, narranti le disavventure ricche di ostacoli e rocambolesche dei loro eroi. I due autori usano inoltre gli stessi espedienti ed effetti narrativi per creare delle situazioni comiche: errori, equivoci, tormentoni, montaggio parallelo, vari travestimenti, moltiplicazione degli accessori e dei mezzi di trasporto, avventure parallele di personaggi secondari, falsa morte e resurrezione dell'eroe... Da notare anche che spesso le avventure si concludono con un matrimonio.

Esempi di travestimento: La distrazione del signor Jabot corrisponde a quella di Cosinus quando entrambi si vestono involontariamente con gli indumenti dei loro vicini di camera:

A sinistra: Töpffer, M. Jabot, 1833, tavola 45. Fonte: Gallica.bnf.fr; a sinistra: Christophe, L’idée fixe du savant Cosinus, "Cosinus réapparaît à l’horizon d’opale", Armand Colin, 1899.


Esempi di "resurrezione": M. Vieux Bois e Cosinus che si credevano morti, fanno ritorno a casa loro. Spaventano i vivi... soprattutto i loro eredi:

 

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A sinistra: Töpffer, M. Vieux Bois, 1837 , tavola 40. Fonte: Gallica.bnf.fr; a destra: Christophe, L’idée fixe du savant Cosinus, IX Canto, "Sidi-Cosinus", Armand Colin, 1899.

 

Montaggi paralleli

 

Il montaggio parallelo è utilizzato dai due autori. Presso Töpffer soprattutto, Les amours de M. Vieux Bois propone una sequenza notevole di 8 tavole separate in due parti: da una parte, il Rivale dell'eroe "insiste nell'essere posto in ammollo" ad ogni giro di una grande ruota idraulica nella quale egli è intrappolato, e dall'altra, M. Vieux Bois conduce insieme all'"Oggetto Amato" una vita calma in montagna. Il contrasto di queste due situazioni simultanee si ritrova nell'episodio La famille Fenouillard in cui Agénor, il padre, "insiste nell'oscillare" sulla biella di un transatlantico, davanti all'indifferenza di un equipaggio poco sollecito nel salvarlo...

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In alto: Töpffer, Le docteur Festus, 1833, tavola 65. Fonte: Gallica.bnf.fr; in basso: Christophe, La famille Fenouillard "En route pour l’Amérique", (In viaggio verso l'America), Armand Colin, 1893.


Si noterà che il dispositivo scelto dai due autori è anch'esso originale e audace; Töpffer ripete identicamente lo stesso modello di tavole in cui si oppongono, a sinistra, una casella molto stretta nella quale si trova rinchiuso il Rivale in una cattiva situazione, disegnato ogni volta in una posizione quasi identica, e a destra, delle grandi immagini pastorali dalle decorazioni dettagliate.

Dopo due pagine composte in modo classico, Christophe finisce la sua sequenza su una sequenza di due immagini composite delle più insolite. Queste ultime sono in effetti ripartite in 5 vignette tra cui una centrale di forma rotonda nella quale Fenouillard tenta di mantenersi alla meno peggio sulla biella in movimento. Le 4 altre vignette che circondano questo tondo formano esse stesse una sequenza nella quale il comandante osserva époi dà l'ordine di staccarlo. Si segua allora l'ordine che si trasmette di marinaio in marinaio, la moltiplicazione di queste scene satelliti accentuano la lentezza gerarchica...

 

Effetti valanga

Altro episodio a livello di sceneggiatura comica in comune, Töpffer e Christophe fanno degenerare una semplice situazione di partenza, trascinando delle conseguenze dall'ampiezza sempre più grande. Ad esempio, in M. Pencil di Töpffer, il cane caduto su un braccio di telegrafo, e il suo padrone che vi sale sopra per soccorrerlo, trasmettono involontariamente dei messaggi inquietanti e provocano a poco a poco una crisi internazionale. Quest'effetto "valanga" si ritrova nelle storie di 
Christophe sotto declinazioni ancora più allucinanti: così l'episodio di La famille Fenouillard intitolato "Extraordinaire conséquence d’un calembour" (Straordinaria conseguenza di un gioco di parole), racconta come una semplice battuta di Agénor provoca l'eruzione dei vulcani del Pacifico…

Nello stesso spirito, un'altra peripezia dei Fenouillard somiglia molto a una immaginata da Töpffer: il signor Cryptogame passando fuori bordo di una nave trascina al suo seguito tutto l'equipaggio, sino ai ratti che abbandonano essi stessi la neve... Christophe si è visibilmente ispirato a questi tuffi successivi nel capitolo "Quelques victimes du devoir" (Alcune vittime del dovere), che si svolge in Giappone e nel quale Agénor salta in acqua per salvare la sua vita, imitato dalla sua famiglia, poi dai suoi agenti di polizia e diverse migliaia di altri:

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In alto: Töpffer (e Cham), M. Cryptogame, tavola 8, 1846. Fonte: Gallica.bnf.fr; in basso: Christophe, La famille Fenouillard, "Quelques victimes du devoir" (Alcune vittime del dovere),  Armand Colin, 1893.


Terra, aria, mare

Per illustrare l'influenza del maestro sull'allievo, Caradec pone in parallelo nella sua biografia di Christophe due immagini di astronomi che cadono in un telescopio gigante [10].

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A sinistra: Töpffer, Le docteur Festus, 1840, tavola 47. Fonte: Gallica.bnf.fr; a destra: Christophe, immagine non identificata tratta dalla biografia di Caradec, p. 135 (Horay, 1981).

 

Ma le corrispondenze grafiche tra le due opere non si limitano a questo accostamento. Gli albi di Christophe sono infatti infiorati d'immagini-specchi che rinviano agli albi del Ginevrino, costituendo a volte dei prestiti incontestabili. Di seguito proponiamo molti raffronti tra le vignette dei due disegnatori. E, per riprendere la celebre frase di Christophe tratta dalla prefazione dell'albo del Geniere (Sapeur) Camember, "si ammirerà quanto genio c'è voluto all'autore per fare del nuovo con del vecchio"…

In L’Idée fixe du savant Cosinus (L'Idea fissa dello scienziato Cosinus) lo scienziato tenta di lasciare Parigi con diversi mezzi di trasporto. Per giungere al suo scopo, tenta i numerosi veicoli che la sua epoca mette a sua disposizione — treno, omnibus, velocipede, bicicletta, palloni, battello fluviale, automobile, carrozza, cavallo - giungendo persino a inventarne uno, lo anémélectroreculpédalicoupeventombrosoparacloucycle [11], "utilizzando tutti i mezzi di propulsione noti e anche ignoti", e che si rivelerà anch'esso inefficace. Mitouflet e la signora Belazor, personaggi secondari di quest'albo, allungando la lista: all'inseguimento di Cosinus, essi viaggiano in tandem, con la nave, in barca e anche a dorso di cammello.

Che si tratti del signor Vieux Bois e dell'"Oggetto Amato" o di Mitouflet e Signora Belazor, i trasporti amorosi pendono sempre dallo stesso lato…

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A sinistra: Töpffer, Les amours de M. Vieux Bois (Gli amori del Signor Vieux Bois) 1837, tavola 35. Fonte: Gallica.bnf.fr; a destra: Christophe, Le savant Cosinus (Lo scienziato Cosinus), XI Canto, "In cui l'autore, di fronte, dirige tutto", Armand Colin, 1899.

 

La famiglia Fenouillard non è da meno, viaggiando intorno al mondo in treno, mongolfiera, bus all'imperiale, transatlantico, canotto in pello d'animale, slitta a vela o trainata da cani, a dorso di foca o su una lastra di ghiaccio. Gli eori di Töpffer adoperano anche diversi mezzi di locomozione, sull'esempio del dottor Festus che, per intraprendere il suo "grande viaggio di istruzione", parte a dosso di mulo (sotto la sua cavalcatura, la sella è stata posta al contrario), in un baule, su un covone di fieno, all'interno di un albero cavo montato su quattro ruote, in un sacco di grano trasportato a dorso d'asino, o all'interno di un telescopio gigante...

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Due estratti dal docteur Festus (tavole 25 e 50) circondanti una vignetta dell'episodio "M. Fenouillard voyage dans l’idéal" (Il signor Fenouillard viaggia nell'ideale).

 

Rapiti dal vento (M. Pencil), espulsi dal ventre di una balena (M. Cryptogame) o proiettati dalle pali di un mulino (Docteur Fetsus), arpionati dalll'ancora di una mongolfiera (la famille Fenouillard), sollvetai da 20.000 palloni gonfiabili (le savant Cosinus): i protagonisti di Töpffer così come di Christophe viaggiano anche con dei mezzi aerei inattesi. A terra, qiest peripezie stratosferiche provocano le stesse conseguenze: scambiati per degli oggetti volanti non identificati, gli eroi sono osservati dai telescopi di astronomi.

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A sinistra: Töpffer, Le docteur Festus, 1840, tavola 46. Fonte: Gallica.bnf.fr; a destra: Christophe, La famille Fenouillard, "Conséquences", Armand Colin, 1893.

 

Gli scienziati si infiammano all'idea di aver scoperto nuovi corpi celesti e non possono impedirsi di battezzarli. In M. Pencil, il dottore dà al nuovo pianeta che osserva il nome di Psyche (tavola 9). In L’Idée fixe du savant Cosinus, i membri dell'Osservatorio nazionale scoprono, uno strano abitantedella luna (Cosinus e il suo cane in pallone davanti all'astro) al quale essi danno il nome di gigasélénanthropocynoïde (gigaselenantropocinoide).

Tappa seguente: Lo scienziato comunica la sua scoperta ai suoi pari, il che dà, in Töpffer come in Christophe, delle scene beffarde verso la comunità degli scienziati...

Semprein cielo, si noteranno le similitudini del trattamento grafico dei vortici di un gruppo di personaggi maltrattati da un piccolo Zefiro malizioso (M. Pencil) e quello di Cosinus — che si chiama d'altronde Zéphyrin (Zefirino) — trasformato in folle giravolta intorno a un parafulmine.

 

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A sinistra: Töpffer, M. Pencil, 1840, tavola 8. Fonte: Gallica.bnf.fr; a destra: Christophe, Le savant Cosinus, IX Canto, "De l’inconvénient à s’appeler Zéphyrin" (Dell'inconveniente a chiamrsi Zefirino), Armand Colin, 1899.

Cugini canini


Sphéroïde (Sferoide), il cane di Cosinus, è un cugino lontano dei compagni canini di molti eroi töpfferiani: M. Vieux Bois, il borghese di M. Pencil e la marchesa di M. Jabot possiedono ognuno una bestia di piccola taglia. Lwe prove che devono sopportare questi animali offrono delle notevoli somiglianze negli albi di Töpffer e di Christophe. Innanzitutto, quando non sono nutriti dai loro padroni, questi cani presentano lo stesso stato di magrezza.

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A sinistra: Töpffer, Mr Vieux Bois, 1837, tavola 48. Fonte: Gallica.bnf.fr; a destra: Christophe, Le savant Cosinus, VI canto, "Fin du troisième voyage de Cosinus" (Fine del terzo viaggio di Cosinus), Armand Colin, 1899.

 
Poi essi detestano di essere sollevati:

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A sinistra: Töpffer, M. Vieux Bois, 1837, tavola 43. Fonte: Gallica.bnf.fr; a destra: Christophe, L’idée fixe du savant Cosinus (L'Idea fissa dello scienziato Cosinus), IX Canto, "Cosinus et les ballons à deux sous" (Cosinus e i palloni da due soldi), Armand Colin, 1899.


Infine, si noterà che la morte di sferoide è un omaggio evidente a quella del cavallo di M. Vieux Bois, che entrami esplodono dopo aver mangiato a dismisura:Christophe14.jpg

A sinistra: Töpffer, Les amours de M. Vieux Bois, 1837, tavola 29. Fonte: Gallica.bnf.frA destra: Christophe, L’idée fixe du savant Cosinus (L'idea fissa dello scienziato Cosinus), XI Canto, "Où presque tous sont approximativement satisfaits" (In cui tutti sono approssimativamente soddisfatti", Armand Colin, 1899.


Finestre di uscita

Alcuni altri paralleli sparsui tra Christophe e il suo maestro sono ancora possibili, come l'immagine delle memorabili aringhe degli avvocati in 
M. Crépin e in Les facéties du sapeur Camember:

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A sinistra: Töpffer, M. Crépin, 1837, tavola 80. Fonte: Gallica.bnf.fr; a destra: Christophe, Les facéties du sapeur Camember, (Le facezie del geniere Camember), "Une brillante improvisation" (Una brillante improvvisazione), Armand Colin, 1896.


Il signor Fenouillard mentre si infila la sua camicia in un modo che ricorda i numerosi cambiamenti di indumenti del signor Vieux Bois:

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A sinistra: Töpffer, Les amours de M. Vieux Bois, 1837, tavola 22. Fonte: Gallica.bnf.fr; a destra: Christophe, La famille Fenouillard (La famiglia Fenouillard), "Nouvelle transformation de M. Fenouillard" (Nuova trasformazione del signor Fenouillard), Armand Colin, 1893.


Per finire, le uscite di scena del signor Vieux Bois sono tanto precipitevoli quanto quelle del signor e della signora Fenouillard…

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A sinistra: Töpffer, M. Vieux Bois, 1837, tavola 32. Fonte: Gallica.bnf.fr; a destra: Christophe, La famille Fenouillard, (La famiglia Fenouillard), "Agénor Fenouillard dit le «Bison-qui-grogne» (Agénor Fenouillar detto il "Bisonte che brontola"), Armand Colin, 1893.

 

Avremmo anche potuto mettere in parallelo la moltiplicazione dei calci alle natiche in Histoire Albert di Töpffer e in Le sapeur Camember e in Le baron de Cramoisy di Christophe, l'albero cavo che serve da nascondiglio al dottor Festus e alle figlie Fenouillard che cercano di fuggire ai pellirosse, le quadriglie del signor Jabot e le danze indiane delle figlie Fenouillard, o ancora l'hara-kiri di Agénor Fenouillard in Giappone e quello del sindaco in Il dottor Festus. Esistono probabilmente altri prestiti o paralleli che ci sono sfuggiti.

 

All'italiana

 

Termineremo con un'osservazione sui formati degli albi di Töpffer e Christophe. A partire dal 1893, le edizioni Armand Colin raccolgono gli episodi delle serie che Christophe pubblica in Le Petit Français illustré (FenouillardCamember, Cosinus…) sotto forma di belle opere vendute in libreria.

Questi libri adottanoo un'impaginazione differente che necessita di modificare la disposizione originale delle vignette: dalla pagina della rivista più alta che larga, l'editore passa ad una tavola orizzontale, oblunga. Questo formato detto all'italiana è molto probabilmente un omaggio di Christophe a quello tipico delle opere töpfferiane.

Nella pagina del titolo del suo primo albo, La famille Fenouillard, Christophe cita d'altronde un passo dei Voyages en Zigzag di Töpffer: "Ridiamo delle cose spirituali così come delle grosse bestialità dettate da una folle gioia? E' cosa dubbia. Spirito su spirito, è faticoso; bestialità su bestialità, è spassoso".

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A sinistra: Töpffer, Histoire de M. Jabot (Storia del signor Jabot), Garnier, 1860 (?). Fonte: Wikimedia CommonsA droite: Christophe, La famille Fenouillard (La famiglia Fenouillard) Armand Colin, 1893.


Le dimensioni delle opere dei due artisti sono sensibilmente le stesse, e le prime di copertina degli albi di Christophe — rilegatura in percalle rosso, ferri e tagli dorati - somigliano fortemente a quelli delle riedizioni di Töpffer realizzate dall'editore Garnier Frères a partire dal 1860. E' probabilmente con questi albi di Garnier che il giovane Georges Colomb (nato nel 1856) ha scoperto la letteratura in stampe del Ginevrinos.

 

Sulle storie ad immagini di Christophe, vedere i nostri precedenti articoli:

Le sapeur Gruyer, ou les origines secrètes de Camember

Les cousins germains de Plick et Plock

L’arroseur arrosé vu par Christophe

Histoires en images inédites

L’influence des images excentriques

 

 

Antoine Sausverd

 

[Traduzione e cura grafica di Massimo Cardellini]

 

NOTE

[1] Citato per la prima volta da François Caradec (Christophe, Pierre Horay, Paris, 1981, p. 92), la fonte di questa dichiarazione, spesso ripresa, non è sfortunatamente precisata.

[2] Thierry Groensteen e Benoît Peeters, Töpffer. L’invention de la bande dessinée, Hermann, Collection savoir: sur l’art, Parigi, 1994, p. 136-137.

[3] Su questo punto vedere anche Thierry Groensteen e Benoît Peeters, op. cit.

[4] Rodolphe Töpffer, Notizia su Histoire de M. JabotBibliothèque universelle de Genève, n° 18, giugno 1837.

[5] François Caradec, Christophe, Parigi, Horay, 1981, p. 98.

[6] Adolphe Brisson, chronique "Livres et revue", Les Annales politiques et littéraires, n° 538, 15 ottobre 1893, p. 252-253.

[7] Questi articoli di Adolphe Brisson furono raccolti nell'opera Nos humoristes (Société d’édition artistique, Parigi, 1900).

[8] Caradec, Christopheop. cit., p. 98. Su questa tematica del viaggio ummoristico, vedere Camille Filliot, "L'invitation au voyage dans les premières bandes dessinées d'expression française: une excursion dans le corpus graphique du XIXème siècle"; sul sito neuvième art 2.0.

[9] Thierry Groensteen, "De l'origine et de la diversification des genres"; in La bande dessinée en France, Centre national de la bande dessinée et de l’image, Angoulême – Association pour la Diffusion de la Pensée française, Paris, janvier 1998.

[10] La vignetta di Christophe non è sfortunatamente dotata di riferimento. Non è tratta da Cosinus, come Caradec crede. Non l'abbiamo nemmeno ritrovato negli altri albi di Christophe. 

[11] Questa bizzarra parola potrebbe esse così tradotta in italiano: Anemelettrorinculopedalitagliaventombrososcacciachiodiciclo, e cioè scomponendo i singoli termini che la compongono: anem - elettro - rinculo - pedali - tagliavento - ombroso - scacciachiodi - ciclo, i cui significati specifici sono quindi: Anem, e cioè vento in greco; elettro, da elettricità; rinculo, e cioè reazione come si direbbe oggi, come mezzo di propulsione; pedali, da pedale, tradizione mezzo di propulsione delle biciclette; tagliavento, e cioè forma aerodinamica come diremmo oggi, adatta a vincere la resistenza offerta dall'aria; ombroso, il parasole non c'entra nulla con il sistema di propulsione inventato da Cosinus ma è unicamente citato per l'agio del guidatore; scacciachiodi, anch'essa non serviva da mezzo di propulsione, ma era estremamente utile, anche perché posta sul davanti del mezzo per evitare le forature data la pessima qualità degli pneumatici dell'epoca e lo stato delle stesse strade; ciclo, in quanto il mezzo era dotato di due ruote che permettevano al mezzo di spostarsi (n.d.t.).

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1 agosto 2015 6 01 /08 /agosto /2015 05:00

RIAPPARIZIONE DEL GENIERE

Randon, "Nos troupiers", Le Petit Journal pour Rire, n° 194, circa 1859

[Quest'articolo è un approfondimento al nostro precedente sui genieri Gruyer e Camember].

 

Cosa ha potuto portare Eugène Le Mouël e Christophe a far rivivere un geniere della fine del Secondo Impero, acconciato con il suo famoso copricapo a pelo, quando questo fante, così bardato, era scomparso da più di vent'anni? 

Presso Le Mouël, questo copricapo è l'elemento che fonda le sue scenette. Il militare è dunque arruolato per questo accessorio che gli è peculiare. La stessa cosa per Christophe, come spiega nell'introduzione dell'albo Les facéties du sapeur Camember uscito nel 1896: "Se l'autore ha scelto quest'epoca, non è perché vi era stato spinto da considerazioni politiche; è semplicemente allo scopo di aver l'occasione e il pretesto di orner l'occipite del suo eroe con uno di quei trionfanti copricapi in pelo, ultima eco di ciò che furono i pennacchi bianchi della Grande Armata. - Si ammirerà quanto genio ci sia voluto all'autore per fare del nuovo con del vecchio".

Per François Caradec, Christophe è anche mosso da una motivazione nostalgica: "Nel 1890, ritrovando i suoi ricordi d'infanzia, Georges Colomb sembra soprattutto essere stato sedotto dall'aspetto quasi mitico che presentava allora per i bambini il personaggio di un geniere" [1].

Ai suoi tempi, il geniere con il copricapo di pelo è già il bersaglio dei caricaturisti. Ne testimonia, il disegno qui sopra firmato da Randon (1814-1884) e apparso in Le Petit Journal pour Rire del 1859. Notate che all'epoca già si rideva di questo personaggio molto colorito dipingendolo con le stesse particolarità che si ritroveranno presso Christophe, e cioè la sua propensione all'innamoramento per le domestiche e la sua grammatica tutta particolare. 

A nostra connoscenza, la prima apparizione di un geniere data al 1861: nell'albo La Pappagallomania firmato da Edouard Chervret, un militare con copricapo di pelo chiamato Tête-de-loup [Testa di lupo] vi svolge un ruolo secondario. Abbiamo segnalato, durante la recente scoperta di quest'albo, la similarità tra una pagina di Chevret e una tavola della tipografia imagerie Quantin di Eugène Le Mouël, Le sapeur Guyer. In entrambi, il copricapo di pelo, abbandonato sulla pubblica via dal suo proprietario, provoca lo stesso equivoco: il copricapo irsuto, scambiato per una bestia pericolosa, spaventa la popolazione e deve essere abbattuta.

Prima apparizione del geniere Tête-de-loup in La Perroquettomanie di Edouard Chevret, 1861. Fonte: gallica.bnf.fr

Nel 1868, il nostro soldato fa una nuova apparizione in Les Mésaventures de M. Bêton di Léonce Petit (1839-1884), tribolazioni burlesche imitanti moltissimo gli albi di Rodolphe Töpffer [2]. E' uno dei personaggi secondari che il lettore incontra lungo il libro. Questo geniere chiamato Balthazar crede di aver trovato l'amore della sua vita nella persona di una falsa donna barbuta. La barba è vera, ma è un uomo travestito che la porta. Si deve credere che l'amore rende ciechi perché Balthazar tenterà incessantemente, sino alla fine dell'albo, di sedurre il suo alter-ego capelluto davanti all'altare…

Vignette tratte da Mésaventures de M. Bêton, di Léonce Petit (Librairie Lacroix, 1868).

Tardivo ammiratore del Primo Impero, Henri Sta, (1846-1920) mette spesso in scena i militari di questo periodo nei suoi fumetti. Nella tavola seguente pubblicata sulla rivista per ragazzi Saint-Nicolas nel 1904, il geniere Beaupoil è vittima del suo giovane figlio che si è votato alla professione di acconciatore. Ed è ancora una volta il copricapo peloso all'origine della scenette.

Henri de Sta, "Barbe de sapeur", Saint-Nicolas, 28 febbraio 1904. Fonte: Gallica.bnf.fr

Un'ultima apparizione del nostro fante ci è data da Caran d’Ache. Il disegnatore si è fatto conoscere agli inizi della sua carriera con le sue storie senza legende mettendo in scena dei soldati. In "Un Miracle" apparso su La Vie Militaire, n° 11 del 15 marzo 1884 [3], un geniere incaricato di badare al cavallo di un ufficiale si fa giocare uno scherzo da due monelli.

 

Caran d’Ache, "Miracle", Album Caran d’Ache, Plon, 1889, p. 38-39.

Come esperto conoscitore dell'uniforme militare - fu dislocato durante il suo servizio militare al 2° ufficio dei modelli dello Stato Maggiore dove fu incaricato di riprodurre delle uniformi straniere -, Caran d'Ache disegna il suo personaggio senza il suo copricapo a pelo ma con il suo berretto (képi). Infatti, dopo il Secondo Impero, niente distingue più esteriormente il geniere dagli altri fanti. Si riconosce tuttavia. Si riconosce tuttavia il nostro soldato dall'insegna che porta sulla sua manica consistente in due asce incrociate [4].

Nel suo spirito, questo scherzo da caserma avrebbe potuto essere una delle facezie del geniere Camember. La scena finale di Caran d’Ache nella quale il militare non si dispiace di fronte al suo superiore prefigura il sangue freddo dell'eroe di Christophe. Per scrivere le sue storie, Christophe ha nutrito la sua opera con numerose influenze e prestiti più o meno diretti. A proposito dell'albo del geniere Camember, François Caradec scrive che è "quello in cui fa meno sforzo d'immaginazione. Christophe non lo nasconde e scrive nel lungo sottotitolo: "Si ammirerà quanto è occorso di genio all'autore per fare del nuovo con del vecchio". Ed è vero: le situazioni, gli scherzi, i giochi di parole sono di un'originalità molto contestabile. Il "genio", è in effetti di aver dato loro nuova giovinezza, di aver creato un eroe fuori del tempo (...), che è un piccolo capolavoro" [5].


Antoine Sausverd

 

[Traduzione di Massimo Cardellini]

 

NOTE

[1] François Caradec, Christophe, Paris, Horay, 1981, pagina 32.

[2] Tre anni prima, il geniere era il personaggio principale di un testo scritto e illustrato di un testo scritto e illustrato da Léonce Petit: Le roman d’une cuisinière raconté par son sapeur,Guerin, 1866.

http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/bpt6k58601428/f6.image.pagination

[3] Questa storia fu ripresa alcune volte, soprattutto sulle pagine di La Caricature, n° 284 del 6 giugno 1885, poi nell'Album Caran d’Ache (Plon, 1889) e infine sotto la forma di una tavola della imagerie Péllerin "Aux armes d'Épinal", n° 108 del 1892, con delle legende aggiunte, in un'impaginazione ornamentale e dei colori.

[4] A questo proposito vedere: "François Kerlouegan, "Un vieux bisontin: le sapeur Camember (1844- )" in François Lassus (a cura di), Mélanges offerts à la mémoire de Roland Fiétier par ses collègues de Besançon, Les Belles lettres, 1984.

[5] François Caradec, Histoire de la littérature enfantine en France, Albin Michel, 1977, p. 199-200.

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1 luglio 2015 3 01 /07 /luglio /2015 05:00

Steinlen in mancanza d'ispirazione?

Antoine Sausverd

 

Steinlen, "En désespoir de cause", [In mancanza di argomenti], L’Echo de Paris, 11 febbraio 1896. Fonte: Gallica.bnf.fr.

 

Forain non è il solo ad aver effettuato un'incursione sequenziale in L’Echo de Paris. Un altro disegnatore, che non è un neofita ha consegnato anch'egli a questo quotidiano alcune tavole: Théophile-Alexandre Steinlen (1859-1923).

Molto ispirato da Wilhelm Busch, il giovane Steinlen si è fatto conoscere all'inizio degli anni 1880 sulla rivista del cabaret di Montmartre Le Chat Noir. Sino al 1891 disegna delle storie senza legende di cui alcune saranno riprese nel grande albo Des Chats edito da Ernest Flammarion nel 1897. Il mercato fiorente delle edizioni infantili dagli inizi del 1890 fa appello a Steinlen che realizzò dei fumetti per le edizioni Quantin e Pellerin o per le riviste Policinelle e Mon Journal.

Nel dicembre 1895, L'Echo de Paris annuncia che il disegnatore darà ogni lunedì la sua "Revue de la semaine" [Rivista della settimana]. Ma l'esperimento durerà poco. Dopo una quindicina di grandi disegni e di composizioni, la collaborazione cessa il 28 aprile 1896. Tra quest'ultime, si trovano soprattutto alcune storie ad immagini senza parole. Così, la tavola intitolata "En désespoir de cause" (riprodotta all'inizio di questo articolo) fu pubblicata l'11 febbraio 1896. Il suo soggetto: le angosce di un disegnatore d'attualità davanti al foglio bianco o il doloroso processo dell'ispirazione. Anche se il personaggio capelluto non gli somiglia, si tratta probabilmente di un aneddoto autobiografico (il fatto che Steinlen abbia sospeso la sua collaborazione con L’Echo de Paris due mesi e mezzo dopo questa tavola non è forse senza rapporto).

Oltre al semplice aneddoto, questa storia può essere interpretata come la risposta, a forma di piroetta, che il disegnatore ha trovato per rimediare alla sua mancanza di ispirazione. Per di più, se il ritmo della storia e le posture del personaggio sono efficaci, il tratto non è veramente accurato e il disegno sembra affrettato. Si tratta della conseguenza del ritardo accumulato da Steinlen per trovare il suo disegno settimanale? Questa tavola sarebbe allora una ricorsione (mise en abyme), nel fondo come nella forma, della sua mancanza d'ispirazione.

Due piccole parentesi prima di continuare: Innanzitutto si noterà l'uso di una bolla nella vignetta finale che Steinlen, come i suoi contemporanei, utilizza molto raramente [1]. In secondo luogo, l'effetto vorticoso del personaggio al colmo dell'angoscia ricorda quello del corvo che ha abusato dell'alcool in una celebre storia di Steinlen apparsa in Le Chat Noir (n° 170, del 11 aprile 1885) con il titolo "Horrible fin de Bazouge, ou les suites funestes de l’intempérance".

Steinlen, Sequenza di "Horrible fin de Bazouge…", Le Chat noir, n° 170, 11 aprile 1885. Fonte: Töpfferiana.

 

Una decina di anni prima della nostra tavola di L'Echo de Paris, Steinlen si poneva in scena, alla sua tavola da disegno [2]. Nella storia intitolata "Il n’y a pas encore de dessin cette semaine" [Anche questa settimana nessun disegno], pubblicata su Le Chat Noir n° 180 del 20 giugno 1885, si beffa della sua pigrizia. Rodolphe Salis, direttore del cabaret di Montmartre Le Chat Noir che edita l'omonima rivista, deve alla fine andare di persona per esigere la pagina da pubblicare. Ma Steinlen si è addormentato sul suo tavolo e la pagina perciò è rimasta vergine.

Steinlen, "Il n’y a pas encore de dessin cette semaine", Le Chat Noir n° 180 del 20 giugno 1885. Fonte: Töpfferiana.

Come lascia indovinare il suo titolo, questa tavola fa riferimento ad un'altra: comparsa un mese prima, "Il n’y a pas de Dessin cette semaine" [Questa settimana niente disegno] (Le Chat Noir n° 176 del 23 maggio 1885) è opera di Uzès [3]. Il disegnatore, che si rappresenta egli stesso [4], esponeva già le sue preoccupazioni nel consegnare i suoi disegni alla rivista di Salis (che appare anch'egli nelle ultime vignette, sotto l'insegna del celebre cabaret).

Uzès, "Il n’y a pas de Dessin cette semaine", Le Chat Noir n° 176 del 23 maggio 1885. Fonte: Töpfferiana.

Nella sua storia, Uzès consegna anch'egli il suo foglio in bianco, ma è la sua mancanza di ispirazione che ne è la causa. In ciò, ricorda moltissimo quella che Steinlen farà per L’Echo de Paris: i due disegnatori alla ricerca di un'idea condividono gli stessi gesti e atteggiamenti. Al parossismo del loro accanimento, i loro profili si riducono a uno scarabocchio nervoso comparabile.

Le due storie del Chat Noir dipingono il quotidiano degli artisti, che si rappresentano essi stessi, nel loro lavoro. I doppioni di carca di Uzès e Steinlen giocano d'astuzia per aggirare i loro impegni di lavoro. Il primo se ne esce con uno scherzo degno dello spirito burlone dell'epoca [5], il secondo si beffa della sua pigrizia. Anche se le due tavole, sono impregnate di una certa fantasia [6], non sono di meno precorritrici del fumetto autobiografico, così come esso si svilupperà alla fine del secolo successivo.

Durante il XIX secolo, altri disegnatori si son anch'essi messi in scena: Cham è, per quanto ne sappiamo, il primo a prestarsi al gioco, soprattutto in "Voyage exécuté autour du monde par le capitaine Cham et par son parapluie" [Viaggio compiuto intorno al mondo dal capitano Cham e dal suo ombrello" pubblicato su Le Charivari i giorni 14 e 21 marzo e il 4 aprile 1852 [7]. Gustave Doré darà anch'egli nello stesso genere lo stesso anno con "Une heureuse vocation" su Le Journal pour Rire, n° 54, del 9 ottobre 1852.

Sembra trattarsi in quest'ultima storia di veri aneddoti autobiografici posti in immagini nelle quali Doré racconta i suoi inizi di disegnatore, sulla lavagna nera della scuola sino ai muri di prigione, passando per il suo incontro con il suo primo editore, Charles Philipon della casa editrice Aubert. In un articolo precedente, abbiamo segnalato uno dei "Lundis du Figaro" del 1896 nel quale Caran d'Ache si caricaturizza da sé.

Tuttavia la vena autobiografica resta un caso isolato nella letteratura grafica del XIX secolo. Le pubblicazioni che abbiamo appena visto rilevano dell'ammiccamento fatto agli assidui frequentatori della rivista. Il disegnatore si presenta così al lettore come ultima risorsa come per scusarsi di persona del suo passaggio a vuoto.

In omaggio: "La Revue de la semaine" da Steinlen a L’Echo de Paris:

 

- 10 dicembre 1895: La Mode au théâtre cet hiver

- 28 dicembre 1895: Petites baraques

- 29 dicembre 1895: Petites baraques

- 30 dicembre 1895: Petites baraques

- 31 dicembre 1895: Revue de la semaine

- 7 gennaio 1896: Etrennes publiques

- 14 gennaio 1896: Revue de la semaine

- 21 gennaio 1896: L’Amusement des Entr’actes

- 28 gennaio 1896: La bourse et la vie sauves ou Les bienfaits de l’anthropométrie

 

Steinlen, "La bourse et la vie sauves ou Les bienfaits de l’anthropométrie", L’Echo de Paris, 28 gennaio 1896. Fonte: Gallica.bnf.fr.

 

- 4 febbraio 1896: Les Gras et les Maigres

- 11 febbraio 1896: En désespoir de cause

- 18 féebbraio 1896: Le Veau d’or

 

Steinlen, "Le Veau d’or", L'Echo de Paris, 18 febbraio 1896.

Fonte: Gallica.bnf.fr.

 

- 25 febbraio 1896: Le bon Monsieur et le pauvre Bougre

 

Steinlen, "Le bon Monsieur et le pauvre Bougre", L'Echo de Paris, 25 febbraio 1896. Fonte: Gallica.bnf.fr.

 

- 3 marzo 1896: Bals de Nez

- 17 marzo 1896: L’Argent

- 24 marzo 1896: La Scène à l’envers

- 31 marzo 1896: Sous l’oeil des Morticoles

- 28 aprile 1896: A Saint-Lazare

 

[Traduzione di Massimo Cardellini]

 

NOTE

[1] Due tavole di Steinlen pubblicate nel 1890 in Le Chat Noir la presenta anch'esse. Cfr. Histoires sans paroles du Chat Noir, Angoulême, CNBDI, 1998.

[2] Si riconosce bene nella tavola che segue il giovane Steinlen, dell'età di 26 anni, con i suoi capelli corti e la sua barba a punta.

[3] Abbiamo già ricordato Uzès, pseudonimo di Achille Lemot (1846-1909), per le sue versioni dell'innaffiatore innaffiato.

[4] "Era il sosia preciso del suo maestro, il caricaturista André Gill", ci informa P.-V. Stock in Le Mercure de France n° 848 del 15 settembre 1933.

[5] Uzès parteciperà a molte esposizioni delle Arts incohérents. Il suo foglio bianco fa l'occhiolino al quadro intitolato Première communion de jeunes filles chlorotiques par un temps de neige [Prima comunione di giovani ragazze clorotiche in un giorno di neve] un monocromo bianco che Alphonse Allais espose nel 1883.

[6] Fantasia che i loro intermediari incarnano tra il disegnatore e il suo datore di lavoro, e cioè i messaggeri di Salis sempre più numerosi in Steinlen, e il gatto con gli stivali in Uzès.

[7] Grazie a Michel Kempeneers per queste precisazioni di datazione.

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1 giugno 2015 1 01 /06 /giugno /2015 05:00

"L'uomo dai cento mila scudi" e altre storie ad immagini di Gustave Doré

Le journal pour rire, n° 102, 12 gennaio 1850. Fonte: Töpfferiana.

 

Nello stesso momento in cui pubblicava i suoi albi di fumetti per Aubert & Cie, Gustave Doré collaborava alla rivista Le Journal pour rire. Il giornale, così come la casa editrice, erano entrambe dirette dallo stesso uomo, Charles Philipon. Nelle sue opagine, Doré creò, tra altre cose, delle storie ad immagini. Alcune furono riprese più tardi in Le Petit Journal pour rire, pubblicazione che seguì al suo fratello maggiore nel 1856. Riproduciamo qui di seguito alcune di queste pagine.

"L'Homme aux cent mille écus", disegnata da Doré dal testo di un certo E. Bourget, è pubblicato in Le Journal pour rire in cinque puntate, tra gennaio e giugno juin 1850 [1]. Questo lungo racconto su alcuni numeri avevano avuto gli onori della prima pagina del giornale sin dal suo lancio.

Come ha fatto notare David Kunzle, questa storia ad immagini presentata come una "imitazione inglese" è ampiamente ispirata ad un'altra intitolata "Mr. Crindle’s Rapid Career upon Town", frutto della collaborazione tra lo scrittore Albert Smith e il disegnatore H. G. Hine [2]. La storia di Doré ha ricopiato alcune vignette apparse in nove puntate sulla rivista inglese The Man In The Moon del 1847. Questo mensile di piccolo formato aveva la particolarità di offrire dei "fumetti" (bandes dessinées) a puntate stampati su grandi pagine ripiegate in 5 [3].

"Mr. Crindle’s Rapid Career upon Town – Part the Ninth", The Man In The Moon, 1847. Fonte: eBay.co.uk.


In quest'ultimo episodio delle avventure del signor Crindle, si riconoscono alcune vignette che Doré ha ripreso per la sua seconda scena onirica.

L'ultima vignetta è anch'essa ricopiata dal disegnatore alal fine di "Une Ascension au Mont-Blanc".

La storia disegnata da Doré racconta la vita di un giovane chiamato Narcisse Pomponet che ha da poco ereditato una forte somma. Gli intermezzi umoristici si seguono, senza veramente intrigo, a piacere delle fantasie di questo nuovo ricco. Seguiamo così l'eroe chiamato in modo appropriato agghindarsi (se faire pomponner), cambiare il suo guardaroba e approfittare delle nuove attività alle quali può oramai accedere, non senza qualche disavventura. In una seconda parte, Pomponet si innamora di una dama vista ai Champs-Elysées che cercherà in seguito di ritrovare sino in Inghilterra, senza successo.

La ricchezza e la varietà della tavolozza grafica di Doré si ritroverà nei suoi albi seguenti. Il giovane disegnatore alterna i punti di vista e le prospettive, si sofferma a volte sul dettaglio di un semplice oggetto (una mano, un rasoio, un sigaro), offre un panorama brulicante disegnato a zampe di mosca (l'avenue des Champs-Elysées), integra delle scene oniriche, o scompone la facciata di un immobile alla maniera di un panottico.

"L'Homme aux cent mille écus" fu ripreso dieci anni dopo in Le Petit journal pour rire. Questa versione, che riproduciamo di seguito, fu ridotta a 91 disegni contro i 150 dell'edizione originale [4].

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

La seconda storia che riproduciamo fu pubblicata due anni dopo su una doppia pagina di Le Journal pour rire (n° 37) del 12 giugno 1852 (e ripreso in Le Petit journal pour rire n° 229 del 1860). "Une Ascension au Mont-Blanc, comme quoi l’on peut trouver le bonheur sous la neige" [Un Ascensione sul Monte Bianco, ovvero come si può ritrovare la felicità sotto la neve] è annunciata come il "frammento dell'albo di un giovane borsista".

Narrato in prima persona, riprende di fatto lo stesso personaggio Narcisse Pomponet di "L'Homme aux cent mille écus", di cui si riconosce il taglio dei capelli e il monocolo. Il giovane rovinato e sull'orlo del suicidio decide di recarsi in Svizzera per gettarsi dall'alto dall acima della catena delle Alpi. Deluso dalle promesse turistiche di questo paese, sarà salvato da una valanga e troverà l'amore... Non avendo potuto verificare, è molto probabile che quest'altra storia di Doré sia anch'essa ispirata dalla rivista The Man In The Moon — l'ultima vignetta della tavola inglese riprodotta più in alto è identica a quella con la quale Doré conclude "Une Ascension au Mont-Blanc".

Questa storia ricorda quella dell'albo che Doré pubblicò l'anno precedente, Dés-agréments d’un voyage d’agrément. Ma queste pagine di Le Journal pour rire non hanno né l'eccentricità né l'inventiva dell'albo uscito presso Aubert, anche se Doré non può impedirsi di includervi alcune strizzatine d'occhio auto-referenziali.

Così, in "Une Ascension au Mont-Blanc", Doré rinvia in due occasioni alla sua precedente storia "L'Homme aux cent mille écus": la prima volta quando, sostando in uno chalet perduto tra le montagne svizzere, l'eroe scopre un numero di Le Journal pour rire sulla cui prima pagina è pubblicato "L’Homme aux cent mille écus", e la seconde volta, il personaggio dai grandi baffi nelle ultime vignette (con il quale l'eroe si trova coinvolto nella vanlanga e che diventa suo testimone di nozze) è lo stesso che ossessionava Narcisse Pomponet lungo le sue avventure. Divertendosi come sua abitudine con le convenzioni del racconto, Doré telescopa le sue storie, imgarbuglia le frontiere tra la fiction e la realtà e introduce qui i primi personaggi ricorrenti del fumetto!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Gustave Doré, "Une Ascension au Mont Blanc", Petit Journal pour Rire, n° 229, 1860. Fonte: BMVR de Nice.

 

Lista delle storie di Gustave Doré in Le Petit journal pour rire (con la loro data di prima pubblicazione quando abbiamo potuto reperirla):

 

- "Recette pour se marier dédiée aux célibataires", Le Petit journal pour rire, n° 5, 1856 ;

- "Impressions de voyages. À propos du départ pour les eaux de Bade, Wiesbade, et autres, à l’usage des Bade-eaux", Le Petit journal pour rire, n° 11, 1856;

- "De l’influence de la propagation du violoncelle, à l’exemple de M. Offenbach", Le Petit journal pour rire, n° 15, 1856 ;

- "Voyage en Allemagne", Le Petit journal pour rire, n° 221222, 1860 (Journal pour rire, n° 170 del 2 maggio, n° 171 del 9 mai e n° 175 del 6 giugno 1851);

- "L'Homme aux cent mille écus, imitation anglaise", testo di E. Bourget, Le Petit journal pour rire, n° 223, 224, 225226, 1860 (Journal pour rire, n° 102, 106, 111, 115 et 124, 1850);

- "Une Ascension au Mont Blanc", Le Petit journal pour rire, n° 229, 1860 (Journal pour rire, n° 37, 12 giugno 1852) ;

- "Manières d’élever les Ours et de s’en faire dix mille livres de rente", Le Petit journal pour rire, n° 230, 1860;

- "Les Eaux de Baden", Le Petit journal pour rire, n° 231, 1860 (Journal pour rire, n° 129 del 20 luglio, n° 131 del 3 agosto, n° 132 del 9 agosto, n° 133 del 16 agosto 1850);

- "Les Vacances du Collégien", Le Petit journal pour rire, n° 239, 1860 (Journal pour rire, n° 51, 18 settembre 1852).

 

Gustave Doré, "De l'influence de la propagation du violoncelle", Le Petit Journal pour rire, n° 15, 1856. Fonte: BMVR di Nizza.


Per completare questa lista, vedere anche "Une heureuse vocation", il racconto autobiografico di Doré apparso in Le Journal pour rire, n° 54, del 9 ottobre 1852, consultabile sul sito Coconino Classics.

Un'altra storia ad immagini di Doré apparsa in Le Journal pour Rire: "Histoire d'une invitation à la campagne" fu pubblicata in tre puntate (una doppia pagina ogni volta) sui numeri 55 (17 febbraio), 59 (17 marzo) e 60 (24 marzo). Essa narra il noioso soggiorno del Signor Berniquet, cittadino incallito, invitato in campagna dal suo amico il Signor Godinot…

 

Gustave Doré, "Histoire d'une invitation à la campagne" (I), Le Journal pour Rire, n° 55, 17 febbraio 1849. Fonte: Gallica

 

Gustave Doré, "Histoire d'une invitation à la campagne" (II), Le Journal pour Rire, n° 59, 17 marzo 1849. Fonte: Gallica

Gustave Doré, "Histoire d'une invitation à la campagne" (III), Le Journal pour Rire, n° 60, 24 marzo 1849. Fonte: Gallica.

 

NOTE

[1] Per essere precisi, in Le Journal pour rire n° 102 del 12 gennaio, n° 106 del 9 febbraio, n° 111 del 16 marzo, n° 115 del 13 aprile e n° 124 du 15 giugno 1850.

[2] Altro esempio di prestito inglese della stessa epoca, Nadar riprenderà The Tooth-Ache, disegnato da George Cruikshank (D. Bogue, 1849) con il titolo "Le mal de dents" in Le Journal pour rire del 14 febbraio 1851. Questa sequenza fu ripresa in Le Petit Journal pour rire, n° 4 del 1856.

[3] Vedere David Kunzle, Father of the Comic Strip: Rodolphe Töpffer, University Press of Mississippi, p. 163. Ma anche David Kunzle, "Caricatures et bande dessinée. Autour du Journal pour rire, 1848-1855", in Doré: l’imaginaire au pouvoir (dir. Philippe Kaenel), Musee d’Orsay / Flammarion / Musée des beaux-arts du Canada, 2014, p. 50-51.

[4] Una ricomposizione di una decina di vignette tratte da "L'Homme au cent mille écus" era già apparsa con il titolo "Il faut souffrir pour être… laid" in Le Petit journal pour rire, n° 16 del 1856.

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16 maggio 2015 6 16 /05 /maggio /2015 05:00

L’ARTE Di GEORGES DU MAURIER

Georges du Maurier, "The Insect world. Struggle between a rumbler (the Goliatus gruntator of Violinnaeus) and a scrapper-beetle (Scarabeus perfomaturus dolenter)", Punch, 5 febbraio 1870. Fonte: Universitätsbibliothek Heidelberg.

Problemi di vicinato, mutazioni zoologiche, indumenti antigravitazionali... su questa pagina sono riuniti alcuni dei disegni e storie del disegnatore Georges du Maurier (1834-1896). Di ascendenza francese, il disegnatore fu uno dei pilastri della rivista inglese Punch, alla quale collaborò a partire dal 1864. Alla fine della sua vita, scrisse anche dei romanzi come Peter IbbetsonTrilby. Per saperne di più su di lui sono consigliabili gli articoli del sito di John Adcock, Yesterday’s Papers.

 

 

Georges du Maurier, "The Philosopher’s revenge », Punch, in due parti: 13 e 27 marzo 1869. Fonte: Hathitrust.org.

 

Georges du Maurier, "The 'Edition de luxe'", Punch's Almanack for 1883, 7 dicembre 1882. Fonte: Yesterday’s Papers.

 

 

 

 

George du Maurier, "The Egg Poacher: A Tale of Country Life", in tre parti da Punch, 10 aprile, 24 aprile e 8 maggio 1869. Fonte: Hathitrust.org.

 

 

 

 

 

 

 

 

Georges du Maurier, "The Giant Guardsman", Punch, in tre parti: 10 luglio, 24 luglio e 7 agosto 1869. Fonte: Universitätsbibliothek Heidelberg.

 

George du Maurier, "Studies at the zoological gardens", Punch, 23 aprile 1870. Fonte: Universitätsbibliothek Heidelberg.

 

George du Maurier, "Studies at zoological garden", Punch, 9 aprile 1870. Fonte: Universitätsbibliothek Heidelberg.

 

George du Maurier, "Specimens Not Yet Included in the Collection at Regent’s Park", Punch, 14 agosto 1869. Fonte: Universitätsbibliothek Heidelberg.

 

George du Maurier, "Specimens Not Yet Included in the Collection at Regent’s Park", Punch, 19 giugno 1869. Fonte: Hathitrust.org.

 

 

 

 

 

 

 

 

Georges du Maurier, "Spiritualism made useful", Punch's Almanack for 1877, 14 dicembre 1876. Fonte: Universitätsbibliothek Heidelberg.

 

Georges du Maurier, "Suggestions for aerial navigation", Punch Almanack for 1871. Fonte : Universitätsbibliothek Heidelberg.

 

George du Maurier, "Straight through from London to Paris", Punch, 5 marzo 1870. Fonte: Universitätsbibliothek Heidelberg.

 

Georges du Maurier, "Recollections from aboard (A student’s duel at Heidelbonn)", Punch, 8 gennaio 1870. Fonte: Universitätsbibliothek Heidelberg.

 

ANTOINE SAUSVERD

[Traduzione di Massimo Cardellini]

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3 marzo 2015 2 03 /03 /marzo /2015 06:00

"Monsieur Crépin" o la metoposcopia calvinista di Rodolphe Töpffer

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Töpfferiana pubblica un articolo di Breixo Harguindey, precedentemente pubblicato in spagnolo sulla rivista numerica CuCo, Cuadernos de cómic, n° 1, settembre 2013. L'autore ringrazia Henrique Harguindey e Mathias Enard per il loro aiuto alla traduzione.


Nel suo Essai de Physiognomonie (Saggio di fisiognomia) — considerato generalmente come il primo testo (1845) sulla teoria del fumetto — il disegnatore svizzero Rodolphe Töpffer riassume la storia di Monsieur Crépin raccontando in modo dettagliato la nascita del suo protagonista:

"Ciò che mi diede l'idea di fare tutta la storia di un signo Crépin, fu l'aver trovato sulla punta di una penna per puro casola figura suddetta. Uhé! esclamammo, ecco decisamente un particolare uno e indivisibile, non gradevole a vedersi, fatto nemmeno per riuscire se non nel mostrarsi, e di un'intelligenza più destra che aperta, ma d'altronde abbastanza brav'uomo, dotato di qualche senso, e che sarebbe fermo se potesse essere abbastanza fiducioso nei suoi lumi, o abbastanza libero nelle sue decisioni. Del resto, padre di famiglia sicuramente, e scommetto che sua moglie lo contraria... Ci informammo, e in effetti sua moglie lo contrariava nell'educazione dei suoi undici figli; invaghendosi di volta in volta di tutti gli stupidi istitutori, di tutti i pazzi metodi, di tutte i frenologi di passaggio. Da qui un'epopea scaturita molto meno da un'idea preconcetta che da questo tipo trovato per caso" [1].

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Rodolphe Töpffer, Caricatura di Monsieur Crépin, Essai de physiognomonie, autografato da Schmidt, Genève, 1845, p. 14. Fonte: Gallica.bnf.fr.


È così che cominciano le avventure di Monsieur Crépin, dettate dai tratti del suo volto, coerentemente con la posizione di Töpffer come fermo sostenitore della teoria fisionomica. La fisiognomica e la frenologia - la cui pretesa comune era di il carattere di una persona a partire dalle sue caratteristiche corporee - rivaleggiavani all'epoca per ottenere il riconoscimento sociale in quanto predecessori dei test psicologici attuali.

Per il neuroanatomista Franz Joseph Gall, creatore della frenologia nel 1810, la chiave interpretativa del carattere era la forma del cranio di un individuo. Le differenti protuberanze presentate da quest'ultimo manifestavano, a suo avviso, la pressione regionale di organi interni legati a delle funzioni come il talento architettonico, la benevolenza o lo spirito metafisico.

Da parte sua, la fisiognomica proponeva di valutare il carattere di una persona a partire dalle caratteristiche del volto. Radicata in un'ampia tradizione storica, le sue origini risalgono almeno alla Grecia antica e si apparentano alla metoposcopia, l'arte quasi astrologica di rivelare il futuro con le rughe del volto. Benché Aristotele l'abbia già classificata nella sua Fisiognomica, sarebbe stato il teologo Johann Caspar Lavater che avrebbe stabilito la sua versione moderna in Physiognomische Fragmente del 1775 [2].

 

Fisiognomica e frenologia sono state entrambe enormemente popolari durante il XIX secolo, al punto da costituire un capitolo non trascurabile di una delle sue opere filosofiche più importanti, La Fenomenologia dello Spirito di Hegel. La filosofia idealista rese celebre la sua critica alla frenologia nella sua sentenza "lo Spirito è un osso" e rimproverò alla fisiognomica lo stabilimento di un legame assurdo tra essenza e apparenza.

A dispetto dei suoi dettrattori, la fisiognomica ha goduto 

 

 

 

 

n dépit de ses détracteurs, la physiognomonie a joui d’une remarquable influence dans la littérature sociale et réaliste d’écrivains tels Dickens ou Balzac mais surtout dans le domaine de la caricature et du dessin grâce à des maîtres comme Grandville. Pourtant, la phrénologie était la cible de railleries permanentes lancées par des dessinateurs dont Rowlandson et Cruikshank.

Dans Monsieur Crépin, Töpffer concourt à cette moquerie collective avec la cinglante caricature du docteur Craniose, un phrénologue réputé qui visite le foyer de la famille protagoniste. Au désespoir de son mari, l’éloquence du docteur sur les gonflements de la tête éblouit Madame Crépin qui « raffole de la phrénologie et meurt d’envie d’être tâtée », tout comme, quelques vignettes auparavant, la cuisinière, chez qui Craniose avait reconnu la bosse des bonnes sauces. Après une exhibition de sa collection de têtes, le docteur, thaumaturge de salon, révèle son programme aux hôtes :

« un grand projet de Société modèle qu’il se propose de soumettre à l’approbation du gouvernement. Cette société sera fondée sur les bosses. À la religion, à la morale, et aux lois, Craniose substitue le Grand Tâteur. Le Grand Tâteur tâte tous les citoyens qui ont atteint l’âge de quinze ans et les répartit selon leurs bosses. »

topffer-crepin-p54

« Mr. Craniose tâtant sans rien dire, Mr. Crépin lit dans son expression ». Rodolphe Töpffer, Monsieur Crépin, 1837 (p. 54 extraite de la version piraté édité par Aubert en 1839). Source : Gallica.bnf.fr


Ensuite, Craniose tâte en effet Madame Crépin (illustration ci-dessus), le sceptique Monsieur Crépin et même certains de leurs turbulents enfants qui trouvent aux têtes une utilité nouvelle : le jeu de quilles. Malgré sa ferveur dramatique, le destin réservait à Craniose une mort dans la misère après la banalisation et la disgrâce de la phrénologie. Dans son testament, il lègue sa théorie au monde et son crâne à la science, mais « nul ne réclamant la succession, Craniose est porté à terre, et, avec lui, ses trente-six crânes de gredins ».

L’avertissement de Töpffer, en clé satirique, à propos du potentiel totalitaire de la phrénologie appliquée au classement de la population — reproche qu’il étendait a la physiognomonie — ne cache pourtant pas son concours au grand projet de stratification moderne, sujet central de Monsieur Crépin : le système éducatif.

Quatorze ans avant et grâce à la dot de son mariage avec Anne-Françoise Moulinié, l’instituteur suisse avait ouvert à Genève un pensionnat de garçons auquel il allait consacrer professionnellement le reste de sa vie. Les pensionnats offraient un type d’éducation très précis qui s’opposait au système aristocratique des tuteurs privés et à l’éducation publique universelle. À la différence de l’éducation de masse, ceux-ci étaient des établissements privés pour les adolescents de la haute bourgeoisie. De même, tandis que le tuteur assistait à domicile, ces collèges étaient des internats éloignant les élèves pendant de longues périodes de leur cercle familial et même de leur propre pays 3.

Par conséquent les trente ou quarante jeunes gens du pensionnat Töpffer — principalement des Anglais, des Russes et d’autres jeunes gens venant de France, d’Italie ou d’Amérique 4 — allaient s’intégrer dans un foyer nouveau avec Anne-Françoise et leurs quatre enfants, accompagnés par un professeur assistant ou un domestique tel le majordome David : « Nos pensionnats ne sont pas des lycées ; on vit en famille » déclarait le genevois dans une lettre 5.

Cette clôture — qui allait ensuite s’étendre à tous les établissements d’enseignement — participe ainsi du processus général que Michel Foucault nomma « le grand enfermement » 6 par lequel la société moderne allait cloîtrer tous ses non-citoyens (prisonniers, fous, prostituées, mineurs…) dans des institutions diverses (prisons, asiles, bordels, écoles…) depuis le XVIIIe siècle. De la sorte, les établissements scolaires ont configuré l’un de futurs publics de la bande dessinée — l’enfance — en tant que secteur social nettement différencié du monde adulte, et divisé par genres, suscitant le jaillissement de ses propres moyens internes de distinction culturelle.

Évidemment ce sombre profil du projet scolaire, si proche des phalanstères, se voyait compensé par un récit utopique de régénération sociale au moyen de l’éducation. Et, à cet égard, l’influence pédagogique décisive de Jean-Jacques Rousseau transpire tout au long de l’œuvre du caricaturiste. Töpffer poursuit la foi romantique de son compatriote philosophe dans la défense de l’enfant en tant que puissance spontanée de la nature, associé à la créativité pure, rustique, des cultures primitives : dans leurs « informes représentations d’objets naturels […] les sauvages, comme artistes, sont assez volontiers de la force de nos gamins des rues et de nos tambours de régiment 7 ».

Mais il faut bien l’orienter, cette puissance, et c’est pour cela qu’au début de son EssaiTöpffer s’aligne directement avec l’intention moralisatrice de son prédécesseur britannique William Hogarth « sur l’enfance et le peuple, c’est-à-dire, sur les deux classes de personnes qu’il est le plus aisé de pervertir 8 ». Ainsi, dans le cadre disciplinaire de la salle de classe, le dessinateur mit à jour — d’après ses tenants — « les premières bandes dessinées » et, en outre, il le fit en plein exercice de surveillance scolaire au moment où les élèves, à qui elles étaient originalement adressées, s’occupaient de leurs travaux formatifs 9.

L’instruction des onze fils de Monsieur Crépin nous renseigne sur le critère pédagogique de Töpffer, qui n’a été divulgué par celui-ci que sous la forme d’une invitation générique au sens commun. Initialement, face à la sauvagerie indomptable de leur progéniture, monsieur et madame Crépin penchent en faveur des tuteurs privés et demandent à un de ceux-ci, pour commencer, d’enseigner aux rejetons les bonnes manières. L’instructeur Fadet — nom bien expressif — abandonne les fractions des Mathématiques pour rendre les enfants maîtres dans l’art de la discrétion maniérée ou « l’urbanité française » au moyen de formules du genre : « Comment, à un homme qui vous insulte on se borne à présenter avec calme sa carte d’adresse » ou « Comment, dans une société légère et spirituelle, on se pose pour causer spectacles, casinos et en général les superfluités à la mode ».

Le résultat ne se fait pas attendre et les enfants deviennent une sorte d’automates de la politesse galante, synchronisés à l’unisson dans chacun de leurs mouvements affectés, adhérant de façon impersonnelle à leur fonction sociale comme des pièces d’une division militaire 10. La standardisation de cette théâtralité gestuelle vide s’oppose dans la théorie physiognomonique de Töpffer — et probablement dans sa pratique éducative — à un processus d’individuation, de production d’individus différents entre eux, en accord avec le contrat politique bourgeois : « les nouvelles bases sur lequel est fondé l’ordre social dans les pays libres ont eu pour effet de faire disparaître partout les castes, les corporations, les classes privilégiées, pour mettre en relief les inégalités individuelles qu’elles tendaient à affaiblir ((Rodolphe Töpffer, Réflexions et menus propos d’un peintre genevois ou Essai sur le beau dans les arts, Hachette, 1858, p. 76.)) ».

Cependant, lorsque Crépin visite plusieurs collèges privés après avoir constaté l’inefficacité des tuteurs, Töpffer — bien connu pour son conservatisme — en profite pour ridiculiser les méthodes pédagogiques naissantes qui traduisaient la philosophie rousseauiste de l’apprentissage immédiat. Ainsi la « leçon de choses » de son concitoyen Pestalozzi est réduite dans l’Institut Parpaillozzi à « faire autrement qu’ailleurs » et son disciple Fröbel, défenseur du jeu comme instrument éducatif, est encore plus attaqué sous le nom théâtral de Farcet.

topffer-crepin-zigzag

« M. Crépin visite l’institution Farcet, où la méthode est d’instruire en amusant. Dans ce moment c’est la leçon d’histoire, où le maître fait danser la pyrrhique à deux petits Macédoniens en carton. » Scène de Monsieur Crépin redessinée par Töpffer pour Voyages en zigzag, Dubochet, 1844, p. 236. Source : Gallica.bnf.fr


Les études sur Töpffer n’ont pas fait suffisamment attention à cette vignette, qui met en abîme la dynamique latente du « roman en images » lui-même. Avant tout, l’instituteur joue le rôle de marionnettiste face à sa jeune audience amusée, présentant un rite d’initiation au monde adulte, le bal des Corybantes. Sur l’estrade, cette scène se dédouble, figurant désormais monsieur et madame Crépin, Farcet et son présentateur dans le rôle de « Macédoniens en carton » manipulés par l’auteur, d’emblée, pour son public scolaire. À partir de cette dissection un troisième degré dérive qui déchaîne le délire paranoïaque : qui tire nos ficelles ? Quelqu’un rit tout en nous observant.

Rousseau, atteint de ce dernier trouble, partageait avec le caricaturiste suisse une doctrine qui confère du sens à cette régression infinie : la foi calviniste en la prédestination. D’après la réforme protestante, avant de créer le monde, Dieu choisit les personnes auxquelles il accorderait sa grâce, prescrivant aux autres la peine éternelle indépendamment de leurs actes particuliers. Paradoxalement — selon la célèbre analyse de Max Weber ((Max Weber, La ética protestante y el espíritu del capitalismo, Fondo de Cultura Económica, 2003.)) — cette impuissance à influer sur son propre salut a exacerbé la responsabilité morale individuelle, imposant à ses fidèles le besoin de conjurer n’importe quel signe de damnation perpétuelle.

Le conflit entre Providence et libre arbitre ressurgit dans le jugement final de Monsieur Crépin quand un avocat obtient l’absolution de son client, accusé d’assassinat, grâce à une plaidoirie basée tortueusement sur la phrénologie :

« De nos jours, lorsque la science portant ses investigations jusque dans les replis les plus cachés du cerveau y a découvert et analysé avec toute la sûreté de son scalpel la cause fatale et première des passions et des forfaits, il est bien permis à la société de punir des crimes obligatoires comme s’ils étaient volontaires ! »

Pour Töpffer une telle indulgence a l’égard des actes personnels est inadmissible, plus encore si elle se trouve liée à une cause matérielle. Bien au contraire, à son avis, l’âme exerce une stricte maîtrise sur le corps, elle régit et consolide anatomiquement les traits expressifs :

« Ou bien prétendrait-on imposer [à la physiognomonie] la stupidité de croire que tel homme est fatalement malicieux, parce que sa narine affecte une certaine forme, plutôt que de croire avec tout le monde que cet homme, pour n’avoir pas réprimé un penchant malicieux, a vu son nez tourner 11. »

Ce paragraphe essentiel de l’Essai de Töpffer — qui termine notre article — nous initie au mystère de sa métoposcopie calviniste. Dans la production d’un visage individuel nommé Crépin, le dessinateur avait deviné les diverses péripéties que ses lignes faciales annonçaient. Le visage est l’origine mais — défini par notre conduite au fil du temps — il est aussi la responsabilité de notre propre destin.

 

  1. Thierry Groensteen et Benoît Peeters, Töpffer: l’invention de la Bande Dessinée, Hermann, 1994, p. 201. []
  2. Julio Caro Baroja, Historia de la fisiognómica : el rostro y el carácter, Istmo, 1988. []
  3. Elisabeth Badinter, ¿ Existe el amor maternal ? Historia del amor maternal. Siglos XVIII al XX, Paidós, 1981, p. 105-110. []
  4. Henrietta Malan Fletcher, « Rodolphe Töpffer, the Genevese Caricaturist », Atlantic Monthly, vol. 16, n° 97, novembre 1865, p. 561. []
  5. Groensteen et Peeters, op. cit., p. XIV. []
  6. Michel Foucault, Historia de la locura en la época clásica, vol. I, Fondo de Cultura Económica, 1976, p. 75-125. []
  7. Rodolphe Töpffer, Réflexions et menus propos d’un peintre genevois ou Essai sur le beau dans les arts, Hachette, 1858, p. 260. []
  8. Groensteen et Peeters, op. cit., p. 188. []
  9. David Kunzle, Rodolphe Töpffer : Father of the Comic Strip, University Press of Mississippi, 2007, p. 127 : « Le professeur a dû trouver plus d’un enfant à griffonner un visage ou une figure pour chercher à s’amuser face au manque d’inspiration dans les travaux manuels scolaires […] Il a commencé à faire de même et «pendant de longues heures inoccupées» il esquissa une histoire qui, au fur et à mesure qu’elle se déployait, se continuait avec une théâtralisation expressive de ses caractéristiques, en attirant l’attention des enfants, «et le surveillant est devenu le surveillé. » []
  10. Thierry Smolderen, Naissances de la bande dessinée : de William Hogarth à Winsor McCay, Les Impressions Nouvelles, 2009, p. 40-57. []
  11. Groensteen et Peeters, op. cit., p. 202. []
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28 febbraio 2015 6 28 /02 /febbraio /2015 06:00

I cugini germani di Plick e Plock

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"Ein Schreckschutz", Fliegende Blätter, vol. 80, n° 2006, 1884. Fonte: Universitätsbibliothek Heidelberg – digi.ub.uni-heidelberg.de

 

Molto meno noti degli altri albi di Christophe (Fenouillard, Camember e Cosinus), Les Malizie di Plick et Plock [Le astuzie di Plick e Plock] (1893-1904) si rivolgono a dei bambini più giovani che per questi ultimi. François Caradec rimpiange che le avventure di questi due gnomi, che si ingegnavano a fare degli scherzi di cui sono del resto le prime vittime, siano così poco conosciute: "Qui non vi sono giochi di parole se non quelli che si permettoo gli autori dei racconti di fate (ne è uno), nessuna allusione a degli studi che non hanno o hanno appena iniziato i bambini (...). Plick e Plock realizzano con una costanza lodevole tutte le stupidaggini di cui sognano i bambini. Toccano ogni cosa, maneggiano e rompono ogni cosa a cui si accostano, distruggono tutti i piccoli tabù dell'infanzia. Conosciamo dei precedenti di questi due gnomi come ad esempio la fauna fiabesca nel Fliegende Blätter, sin dal 1884, e cioè dieci anni prima di quelli di Christophe.

La tavola anonima intitolata "Ein Schreckschutz" (Una protezione contro gli urti) non manca di ricordare il primissimo episodio di Les Malices de Plick et Plock apparso su Le Petit Français del 23 dicembre 1893:

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Christophe, Les Malices de Plick et Plock, Le Petit Français n° 252, 23 décembre 1893. Fonte: gallica.bnf.fr

 

A partire dal 1885, Lothar Meggendorfer, che abbiamo già incontrato per i suoi personaggi in fili di ferro, firma diverse tavole ponendo in scena degli gnomi dispettosi:

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Lothar Meggendorfer, "Die schlauen Zwerge", Fliegende Blätter, vol. 82, n° 2080, 1885. Fonte: Universitätsbibliothek Heidelberg – digi.ub.uni-heidelberg.de

 

Lothar Meggendorfer (1847-1925), illustratore e scrittore nato a Monaco, firmò più di un centinaio di libri per l'infanzia. Ma è soprattutto conosciuto oggi per i suoi ingegnosio libri con sistema di trasformazioni [2]. Partecipò alle riviste Fliegende BlätterMünchener Bilderbogen ma anche al Chicago Tribune nel 1906 [3]. Meggendorfer creò anche la sua propria rivista Die Meggendorfer Blätter (1888-1944) sulla quale si ritrovano anche i suoi gnomi.

Si può notare quanto gli gnomi di Meggendorfer, chiamati a volte Lack e Luck, somiglino del tutto a quelli di Christophe. Per di più, l'autore di Plick e Plock riprende senza vergogna le storie senza parole del tedesco:

 

 

"Das Katzerl und der Kobold", Fliegende Blätter, vol. 88, n° 2322, 1888. Fonte: Universitätsbibliothek Heidelberg – digi.ub.uni-heidelberg.de

 

 

Un altro esempio di questa impresa è data da questa storia di castello di carte:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Lothar Meggendorfer, Die Gnomen und das Kartenhaus. Tratto da: Die Gnomen und das Kartenhaus. Das lüsterne Wildschwein. Der brave Karo: drei lustige Geschichten / von Lothar Meggendorfer. Mit Versen von Franz Bonn Braun & Schneider, München, [1910, La prima edizione è stata pubblicata nel 1893]. Fonte: Digitale Bibliothek Braunschweig

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Christophe, Les Malices de Plick et Plock, episodio "Châteaux de cartes", (Castello di carte), Bibliothèque du Petit Français, Armand Colin, 1904, p. 185-187.

 

In omaggio: più gnomi ancora!

Qui in basso altre storie ad immagini del Tedesco che hanno come protagonisti degli gnomi:

 

      – « Aus dem Lagebuch des Gnomen Lugenschüppel », Fliegende Blätter, vol. 87, n° 2189, 1887.

      – « Bestraste Zudringlichkeit », Fliegende Blätter, vol. 89, n° 2265, 1888.

      – « Bilder ohne Worte », Meggendorfer Humoristische Blätter, 1890.

Lothar Meggendorfer, "Die Seifenblasen", Münchener Bilderbogen, n° 907, 1886.

 

Prima di essere editi in albi da Armand Colin nel 1904, Les Malices de Plick et Plock sono usciti su Le Petit Français illustré in 55 episodi, in modo puntuale tra il 1893 e il 1904.

Una ventina  di questi sono consultabili in Gallica [4]:

 

     – n° 252, 23 décembre 1893
     – n° 255, 13 janvier 1894
     – n° 293, 6 octobre 1894
     – n° 305, 29 décembre 1894
     – n° 407, 12 décembre 1896
     – n ° 412, 16 janvier 1897
     – n° 448, 25 septembre 1897 : « Les gnomes et la pomme »
     – n° 449, 2 octobre 1897 : « La pomme moralisatrice »
     – n° 450, 9 octobre 1897 : « Un drame dans la cave »
     – n° 457, 4 décembre 1897 : « Plick et Plock font des efforts vers le bien »
     – n° 473, 19 mars 1898 « Plick et Plock ont du vague à l’âme »
     – n° 474, 26 mars 1898 : « Les dangers de la curiosité »
     – n° 476, 9 avril 1898 : « Les dangers de la curiosité (suite)  »
     – n° 477, 16 avril 1898 : « Les dangers de la curiosité (fin) »
     – n° 509, 26 novembre 1898 : « Une impudence de Plick et Plock »
     – n° 510, 3 décembre 1898 : « Une impudence de Plick et Plock (suite) »
     – n° 19, 7 avril 1900 : « Quelle est cette parole magique ? »
     – n° 25, 19 mai 1900 : « Plick et Plock et les artilleurs  »
     – n° 28, 9 juin 1900 : « Plick et Plock et l’abeille »
     – n° 32, 7 juillet 1900 : « Plick et Plock et la tabatière »
     – n° 35, 28 juillet 1900 : « Du danger qu’il y a à fouiller dans les armoires »
     – n° 212, 19 décembre 1903
     – n° 213, 26 décembre 1903
     – n° 215, 9 janvier 1904 : « Fin »

 

 

NOTE

 

[1] François Caradec, Histoire de la Littérature enfantine en France,  Albin Michel, 1977, p.199-200.

[2] A questo proposito, vedere Kristin Knipschild, "Movable magic", Friends of the Library Magazine, University of Wisconsin-Madison, 2006, p. 8-11. Dei libri a sistemi di Meggendorfer sono stati digitalizzati sul sito della Stichting Geschiedenis Kinder- en Jeugdliteratuur: http://www.hetoudekinderboek.nl/beweegbare%20boeken/Lothar%20meggendorfer.htm.

[3] Il capo-redattore del Chicago Tribune, James Keeley, fece un viaggio in Europa nel 1906 e assunse dei disegnatori per realizzare il supplemento domenicale del suo giornale: Lothar Meggendorfer, ma anche Karl Pommerhanz, Victor Schramm, August von Meissl e soprattutto Lyonel Feininger. A questo proposito, vedere: Eckart Sackmann, "Das amerikanische Abenteuer", Deutsche Comicforschung 2005, Comicplus+, 2004, p. 22-30.

[4] La versione albo de Plick et Plock è consultabile nella sua integralità sul sito di Pierre Aulas.

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31 gennaio 2015 6 31 /01 /gennaio /2015 06:00

Più Verbeck! 

Verbeck01.jpg

Gustave Verbeck, "Le chevalier au cygne", Le Riren° 54, 16 novembre 1895. Fonte: Cibdi.

 

 

 

A far seguito del nostro precedente articolo su Gustave Verbeck, ecco alcuni dei contributi che il disegnatore ha dato sulla stampa francese negli anni 90 del XIX secolo, prima di trasferirsi negli Stati Uniti. Dal novembre 1894 al novembre 1895, Verbeck ha collaborato alla rivista Le Rire consegnadovi 5 tavole che si possono consultare tra le copie recentemente digitalizzate dalla Cibdi:

 


     – « Un tigre puni par où il a péché », Le Rire n° 2 du 17 novembre 1894.

     – « Ce qui manquait à Roméo. (Rien des réclames) », Le Rire n° 11 du 19 janvier 1895.

     – « Le tigre critique d’art », Le Rire n° 35 du 6 juillet 1895.       

     – « Moïse sauvé par les eaux », Le Rire n° 51 du 26 octobre 1895.

     – « Le chevalier au cygne », Le Rire n° 54 du 16 novembre 1895.

 

 

 

 

 

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"Un tigre puni par où il a péché", Le Rire n° 2 du 17 novembre 1894Fonte: riviste digitalizzate della Cibdi.

 

 

L'anno seguente la sua pubblicazione, la storia qui sopra fu plagiata dalla Imagerie Pellerin di Epinal da un anonimo che ne diede una versione piuttosto prolissa.

 

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"Le jupon sauveur", Imagerie Pellerin, Série aux Armes, n° 152, 1895.

 

 

Apparsa in Le Chat Noir nel 1893, la tavola seguente testimonia del gusto precoce di Verbeck per le figure a doppio senso:


 

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Gustave verbeck, "Le portrait",  Le Chat noir, n° 616 del 11 novembre 1893. Fonte: Histoires sans paroles du Chat Noir, Angoulême, CNBDI, 1998.

 

 

 

Prima di essere tradotti nel 1977 da Pierre Couperie per le éditions Horay [1], The Upside-Downs of Lady Lovekins and Old Man Muffaroo, apparse tra il 1903 e il 1905 sul New York Herald, fecero una rapida apparizione su una rivista per bambini francese: nel suo numero del 22 aprile 1906, Le Petit Journal illustré de la jeunesse proponeva infatti in prima pagina le avventure di "M. et Mme d’Alenvers" in una "storia rovesciabile i cui eroi vengono capovolti". Questo primo adattamento in francese dell'opera di Verbeck non gli fece veramente onore. La storia è stata ridotta in due strisce (composte in origine da sei vignette). Probabilmente ridissegnate dall'originale da un anonimo, non fa alcuna menzione del dissegnatore americano. Dopo questo numero, le avventure di M. et Mme d’Alenvers non avranno più seguito.

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"Une histoire renversante dont les héros sont sens dessus dessous"

Le Petit Journal illustré de la jeunesse, n° 80 delo 22 aprile 1906.

 

 

 

Vista rovesciata della pagina:

 

Verbeck5-copia-1.jpg

[1] Gustave Verbeek, Dessus-Dessous, Horay, 1977. Presentazione e traduzione di Pierre Couperie. Aspettando la traduzione dell'opera edita da Peter Maresca, ci si atterrà al quinto fascicolo della rivista DMPP Almanach (2008) che propone una trentina di pagine tradotte dalle due serie Upside Downs Tiny Tads, integrate da un dossier.


 

Antoine Sausverd

 

 

[Traduzione di Massimo Cardellini]

 

 

LINK al post originale:

Plus de Verbeck!

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30 novembre 2014 7 30 /11 /novembre /2014 06:00

La fuga dal quadro di Winsor McCay

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[Winsor McCay], Fuga dal quadro, da: "Le Journal pour tous" del 22 dicembre.

 

 

 

Questa storia, edita in Le Journal pour tous del 22 dicembre 1904, supplemento illustrato del quotidiano Le Journal, non è firmato ma lo stile è immediatamente riconoscibile: il suo autore è Winsor McCay (1867-1934). Come indicato in basso, questa tavola proviene in origine dal giornale oltre atlantico Life al quale il disegnatore collaborò nel 1903. Sembratrattarsi della prima apparizione nella stampa francese di una storia di Winsor McCay, alcuni anni prima la traduzione francese di Little Nemo, con il titolo Petit Nemo au pays des songes [Il Piccolo Nemo nel Paese dei Sogni], nella rivista La Jeunesse moderne a partire da giugno 1908 [1]. 

 

L’indicazione del titolo di stampa d'origine sembra dunque più importante di quella del nome dell'artista. Sin dalla fine degli anni 80 del XIX secolo, le grandi riviste illustrate come La Caricature di Albert Robida, Le Rire, o anche Le Pêle-Mêle riproducevano regolarmente dei disegni tratti dai principali giornali stranieri in rubriche create a questo scopo- "La caricatura all'estero", in questo caso. Si trattava di disegni dotati di didascalie o di storie ad immagini provenienti dalla stampa tedesca (Fliegende Blätter, Lustige Blätter), inglese (Punch), americana (Puck, Life, Judge), ma anche austriaca o spagnola.


La storia ad immagini è a quest'epoca un modello di narrazione diffusa nella stampa occidentale. I giornali e tavole a stampa circolano ed attraversano i mari. Gli artisti non lavorano nella totale ignoranza della produzione dei loro colleghi oltre frontiera [2]. Così è dunque del tutto concepibile che McCay stesso abbia egli stesso potuto ispirarsi alle tavole della imagerie Quantin per i primi episodi di Little Nemo

 

Da una frontiera all'altra

 

Come ha scritto Thierry Groensteen, "Winsor McCay fu il primo autore di comics a capire che il fumetto non ha nessun obbligo nel dover render conto alla realtà" [3]. Ne è prova, il fatto che al disegnatore americano è sempre piaciuto mettere in cattiva luce le convenzioni e le procedure del medium. Così, nella tavola del Journal pour tous, un clown si diverte a tagliare il filo che serve da riquadro e delimita il suo spazio vitale. Dopo aver ridotto questo filo ad una matassa, il mimo sorpreso (o spaventato) dalla sua nuova libertà fugge saltando nel vuoto, sfondando la carta del giornale. Non contento di giocare con le convenzioni grafiche del fumetto (la vignetta), McCay rompe di nuovo il compromesso grafico del mimetismo referenziale.


Le storie ad immagini che mettono in scena dei numeri di clown sono riccorrenti sulla stampa e le tavole a stampa degli anni tra il 1890 ed il 1900. Dei disegnatori come Théophile-Alexandre Steinlen, Benjamin Rabier, Richard Ranft, Godefroy, J. Blass, Galco, Lamouche, Henri de Sta o anche Raymond de la Nézière si sono cimentati in questo genere ripetutamente. A nostra conoscenza, nessuno ha preso questo pretesto per giocare con i codici del medium. La tavola presentata qui sopra non è isolata nell'opera dell'Americano. Altre opere di McCay ripremdono questa tematica formalista e riflessiva intorno al riquadro. Ecco alcuni altri esempi in cui la vignetta, maltrattata in differenti modi, diventa un elemento attivo della storia.

 

Il primo è un celebre episodio di Little Sammy Sneeze pubblicato il 24 settembre 1905 sul New York Herald. Lo starnuto del piccolo Sammy manda il riquadro in frantumi come se siu trattasse di vetro e al finale, il lettore si chiede se il bambino starnutatore non si trovava semplicemente dietro una vetrina. Gli articoli di Groensteen sono del tutto chiarificatori: "McCay sconfina con una notevole facilità ciò che Gérard Genette designava come 'la frontiera tra due mondi: quello in cui si racconta, quello che si racconta. Questi sconfinamenti si manifestano in diversi modi. Alcune volte, sono le astrazioni formali che partecipano al codice del fumetto che, perdendo la loro abituale trasparenza, sono bruscamente poste in evidenza'" [4].

 

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 Winsor McCay, "Little Sammy Sneeze", New York Herald del 24 settembre 1905.

 

La seconda tavola fu pubblicata alcuni anni dopo sullo stesso settimanale. Si tratta di un episodio di Little Nemo che va più lungi nella denuncia dei codici: la scenografia sparisce vignetta dopo vignetta, per non lasciare più posto che ai personaggi. Nemo si attacca alla vignetta come può, facendo notare che l'artista ha dimenticato di dissegnare il pavimento della vignetta. La vignetta finisce con il contrarsi e ripiegarsi su se stessa, schiacciando Nemo.

 

Le tavole che seguono sono tratte dai "Sogni di un divoratore di crostini" (Dream of the Rarebit Fiend), serie che McCay disegnò con lo pseudonimo di Silas per il New York Evening Telegram tra il 1904 e il 1913.

 

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  Silas [Winsor McCay], Dream of the Rarebit Fiend, New York Evening Telegram del 9 novembre 1907

 

 

 

 

 

 

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Silas [Winsor McCay], Dream of the Rarebit Fiend, New York Evening Telegram del 6 agosto 1908

 

 

 

 

 

 

 

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 Silas [Winsor McCay], Dream of the Rarebit Fiend, New York Evening Telegram del 15 aprile 1909.

 

 

Tagliata e ridotta ad un filo, spezzata, schiacciata, ridotta in cenere, scollata, lacerata in mille pezzi... Sotto la matita di McCay, la vignetta soffre il martirio, così come i suoi sfortunati abitatori. Per di più, i personaggi di carta prendono il disegnatore a testimone, giurando direttamente nei suoi confronti di essere lui il responsabile dei loro disagi. Questi autoriferimenti di McCay sono dei nuovi colpi recati all'illusione autoreferenziale, tanto più inquietanti in quanto essi fanno allusione a volte a degli aneddoti dell'artista [5]. Da vero uomo di spettcolo, McCay da dimeostrazione dei suoi poteri onnipotenti da demiurgo della Nona arte. Crudele e scherzoso, profana in modo giocoso e ostensivo la frontiere di Genette tra il mondo dove si racconta e quello che viene raccontato, per il solo piacere del lettore.

 

 

pere-borrell-in-fuga-dalla-critica-1874.jpgPere Borrell, In fuga dalla critica, 1874.

 

 

Aggiornamento del 19 settembre 2014: Il clown di Winsor McCay ha ispirato Sawdust Sim del disegnatore Paul F. Brown di cui il saltimbanco giocava con il quadro delle vignette in ogni tavola? Questa striscia del Boston Herald non uscì che per quattro mesi, tra il novembre 1906 e il marzo del 1907. L'esercizio aveva forse raggiunto i suoi limiti...

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Boston Herald du 12 may 1907. Source : Peter Maresca / Origins of the sundays comics.

 

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Source : Allan Holtz / Stripper’s Guide

 

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Source : Allan Holtz / Stripper’s Guide

 

 

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Antoine Sausverd

 

 

 

[Traduzione di Massimo Cardellini]


 


Fonti iconografiche: La tavola di Little Sammy Sneeze è tratta dall'opera di Thierry Smolderen, Naissances de la bande dessinée [Nascità del fumetto], edito da Impressions Nouvelles, 2009, a cura di Peter Maresca; quella di Little Nemo proviene dal sito comicstriplibrary.org, e le tre tavole di Dream of the Rarebit Fiend dal libro di Ulrich Merkl, The Complete Dream of the Rarebit Fiend (2007).

 

[1]  Little Nemo in Slumberland debuttò negli Stati Uniti nell'ottobre 1905 sul New York Herald.

 [2] A proposito della circolazione internazionale delle tavole della casa editrice Pellerin ubicata a Epinal, vedere: D’Épinal au-delà des mers. Le rayonnement international de l’Imagerie Pellerin (1860-1960), catalogo dell'esposizione, sotto la direzione di Isabelle Chave, Épinal, Conseil général des Vosges, 2009.

[3] Thierry Groensteen, "Nemo, fils du rêve"

[4] Groensteen, op. cit. Sottolineato da me.

[5] Ad esempio, il sogno del 6 agosto 1908 fa riferimento ai suoi spettacoli che egli teneva dal 1906 attraverso gli Stati Uniti e che lo occupava per diversi mesi all'anno. Così il personaggio si lamenta: "I expect since he is in Vaudeville, he forgets me!". Il sogno del 9 novembre 1907 fa allusione ai suoi problemi coniugali dell'epoca. Per maggiori dettagli sui Dream of the Rarebit Fiend, si può far riferimento al libro di Ulrich Merkl, The Complete Dream of the Rarebit Fiend (autopubblicato nel 2007), che raccoglie la totalità delle tavole e le restituisce nel loro contesto.

 

LINK al post originale:

"Echappé du cadre" par Winsor McCay

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20 settembre 2014 6 20 /09 /settembre /2014 05:00

La storie canine di Adolphe Oberländer

 

Dopo le storie dei fili di ferro del Fliegende Blätter, continuiamo l'esplorazione del Fliegende Blätter: oggi una selezione di pagine disegnate da Adolf Oberländer (1845-1923) aventi come punti comuni di mettere in scena dei cani... Per gli amanti di questo disegnatore (e di questa rivista), consigliamo il sito Coconino.fr che ne riproduce regolarmente numerosi disegni, con molta cura.


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Adolf Oberländer, "Rache einer Hauskatze", Fliegende Blätter, Vol. 67, n° 1685, 1877.

Fonte: Universitätsbibliothek Heidelberg – digi.ub.uni-heidelberg.de

 

 

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Adolf Oberländer, "Der herr Professor und sein neuer Hund", Fliegende Blätter, Vol. 69, n° 1731, 1878.

Fonte: Universitätsbibliothek Heidelberg – digi.ub.uni-heidelberg.de

 

Questa tavola ha ispirato Paul Steck (1866-1924) che ha ripreso la storia per una tavola della tipografia Quantin edita nel 1895.

 

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Adolf Oberländer, "Was Einem passiren kann u. u.", Fliegende Blätter, Vol. 81, n° 2057, 1884.

Fonte: Universitätsbibliothek Heidelberg – digi.ub.uni-heidelberg.de

 

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Adolf Oberländer, "Das Hundecomplot", Fliegende Blätter, Vol. 83, n° 2084, 1885.

Fonte: Universitätsbibliothek Heidelberg – digi.ub.uni-heidelberg.de

 

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Adolf Oberländer, "Die Gras-Mähmaschine", Fliegende Blätter, Vol. 101, n° 2556, 1894.

Fonte: Universitätsbibliothek Heidelberg – digi.ub.uni-heidelberg.de

 

 

 

Antoine Sausverd

 

 

 

[Traduzione di Massimo Cardellini]

 

 

 

LINK al post originale:

Les histoires canines d’Adolf Oberländer

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